TERRORISMO DISONESTO DEGLI STATI BORGHESI
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Terrorismo disonesto degli Stati borghesi
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L'11 settembre del 2001 per la prima volta nella loro storia gli Stati Uniti d'America subiscono un attacco militare sul proprio territorio con gravi perdite militari e civili, circa il 2% dei caduti americani nella Seconda Guerra Mondiale. Gli USA, qualunque cosa faranno in futuro, vengono ridimensionati sul piano strategico. Nulla è più indifeso di un tabù violato.
È certo oziosa la discussione se l'attacco è da definire atto terroristico o di guerra: la guerra è guerra e ognuno la combatte sul terreno e con i mezzi a lui favorevoli. Va anche sgomberato il campo dai filistei canoni etici, particolarmente disgustosi se provenienti dagli autori delle apocalissi di Hiroshima, Nagasaki, Amburgo e Dresda.
L'azione dell'11 settembre, eliminati i rumori di fondo del chiacchiericcio stupido d'intellettuali, preti e talk televisivi, ha avuto un altro indubbio merito. Le classi dominanti borghesi e i loro esecutivi militari hanno abbandonato l'ipocrita ossimoro di guerra umanitaria e le formule mistificatrici di peace keeping per la brutale, prosaica, ma vera parola: guerra senza misericordia, d'annientamento e di terrore. È particolarmente disgustoso sentire militari addestrati all'arte della guerra nascondere la loro funzione sotto un umanitarismo da preti. Leggere i loro saggi d'oggi sulla guerra e sull'uso del terrore sans-phrases, interno ed esterno, è un sano risveglio.
Da marxisti sappiamo che il terreno della forza, anche controrivoluzionaria, è rivoluzionario, se il proletariato riesce a rispondere su quello stesso terreno. Abbandonare il diritto per la forza, come la borghesia pubblicamente dichiara oggi di fare (nella guerra del Golfo e del Kosovo si sono cercate sempre coperture giuridiche), è un loro cedimento al marxismo che i rivoluzionari devono accogliere come una vittoria dottrinale. Marx scrive il 10 dicembre 1848 sulla Nuova Gazzetta Renana, di fronte alla montante controrivoluzione feudale:
«Non l'abbiamo mai nascosto. Il nostro terreno non è il terreno del diritto; è il terreno della rivoluzione. Il governo, da parte sua, ha infine abbandonato l'ipocrisia del terreno legale; si è posto sul terreno rivoluzionario; giacché anche il terreno controrivoluzionario è rivoluzionario».
Esiste un movimento antimperialista di maniera, antiamericano per partigianesimo, non rifuggente in alcune sue frange l'uso del terrore come mezzo di azione politica. Tale movimento, particolarmente forte in alcune aree del globo, è più presente di quanto si pensi in Europa e dall'azione dell'11 settembre può trovare alimento per svilupparsi. Esso potrebbe tornare utile alla borghesia europea, al momento opportuno, per sviare la lotta di classe del proletariato dai suoi compiti storici, verso posizioni social-imperialiste, travestite da guerra rivoluzionaria e proletaria di mussoliniana memoria.
Per contro si esprime un rifiuto di principio, pressoché unanime, compresi i movimenti no-global e i molti cosiddetti partiti e movimenti «marxisti», del metodo e delle azioni terroriste e in generale violente, proprio mentre la borghesia annunzia ufficialmente l'avvio di un'operazione mondiale di controterrorismo e di sterminio fisico di tutti coloro che, a parere suo insindacabile, verranno giudicati terroristi.
Rappresentanti ufficiali del governo americano dichiarano che chiunque si metta in lotta contro gli interessi americani è un terrorista. L'autorizzazione del Congresso degli Stati Uniti all'uso della forza votata il 15 settembre con un solo voto contrario si fonda su tre elementi: 1) delega assoluta al Presidente di decidere a suo insindacabile giudizio chi colpire (persone, organizzazioni, Stati); 2) sua discrezionalità sulla quantità di forza da utilizzare e sui teatri del globo su cui esercitarla; 3) eliminazione di ogni suo limite temporale (l'infinità tanto criticata).
«Il presidente è autorizzato all'uso della forza necessaria e appropriata contro quelle nazioni, organizzazioni o persone (punto uno) che egli determina abbiano pianificato, autorizzato, commesso o aiutato gli attacchi terroristici che hanno avuto luogo l'11 settembre 2001 o abbiano dato ospitalità sul loro territorio (punto due) a tali organizzazioni o persone, allo scopo di prevenire qualunque atto futuro (punto tre) del terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti da parte di tali nazioni, organizzazioni, o persone». L'applicazione estensiva dell'articolo 5 del Trattato Nato, da parte dell'Alleanza il 12 settembre estende i tre elementi a tutti i paesi dell'Alleanza.
Per quante contorsioni facciano i legulei e i diplomatici borghesi è impossibile giustificare dal punto di vista del diritto sia il testo sia l'applicazione estensiva. Ma qui non siamo sul terreno del diritto bensì su quello degli interessi di potenza e sulla forza esplicata per difenderli.
Quale sia l'effettivo destinatario dell'azione terroristica ed omicida della Santa Alleanza Borghese che si sta delineando all'orizzonte lo si può dedurre dal testo sui reati terroristici proposto il 27 settembre dai ministri della giustizia e degli interni europei che verrà discusso dal Consiglio Europeo il 6-7 dicembre. In Germania è in discussione al Bundestag l'estensione alle organizzazioni religiose fondamentaliste della legge sulle associazioni, ma ogni organizzazione sospettata di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato può essere sciolta dal Ministero degli Interni. Nel Codice Penale sarà introdotto un nuovo articolo - il 129b - che estende le norme previste contro le «associazioni terroristiche» dell'art. 129a a membri, complici e perfino simpatizzanti di «organizzazioni terroristiche» operanti fuori dal territorio tedesco. I servizi tedeschi aiutavano e finanziavano l'UCK quando questo era per gli USA una organizzazione terroristica: nel caso in cui un caso simile si ripetesse i servizi tedeschi potrebbero essere sanzionati in base all'articolo 129b.
Legislazioni similari sono già operanti in Gran Bretagna. La Francia ha già lanciato solenni minacce alla sua comunità islamica costituita da quattro milioni di cittadini francesi. Gli USA stanno limitando pesantemente i tanto esaltati e osannati fino alla nausea diritti fondamentali dei cittadini. Il pericolo maggiore, infatti, per tutti gli Stati borghesi non consiste nelle armi, dispiegate o terroristiche, degli Stati nemici, ma all'interno delle loro stesse società civili. Gli stessi sindacati americani sono dovuti intervenire a difesa dei fratelli di classe di razza araba minacciati dall'odio religioso che i media e i servizi governativi cercano di fomentare nei proletari.
Intanto i liberi media americani si assoggettano senza protesta alcuna alla ufficiale ed esplicita richiesta governativa di divenire delle semplici veline del potere esecutivo, tanto che perfino l'emiro del Qatar, di fronte alle fortissime pressioni americane di porre lo stesso controllo alla televisione araba satellitare Al Jazeera, si permette il piacere di schiaffeggiare il governo degli Stati Uniti rivendicando l'applicazione della loro Dichiarazione dei Diritti del 1791. Tralasciamo l'arruolamento a ranghi serrati degli intellettuali nel fronte fondamentalista laico e civile degli Stati occidentali. Chi esce un po' dai ranghi sa già quello che lo aspetta (dai Santoro e Fo italiani al Wickert tedesco). A tutta questa triste genia regaliamo una bella citazione, 1759, di Benjamin Franklin:
«Coloro che rinunciano a diritti di libertà fondamentali per ottenere un poco di temporanea sicurezza non meritano né libertà, né sicurezza».
Le reazioni dei poteri statali e delle loro sovrastrutture di violenza fisica e psicologica (dalla Ragione alla Religione) al primo leggero colpo subito con l'11 settembre dimostra la giustezza del nostro assunto, formulato già nel corso del Secondo Conflitto Mondiale, che il nazifascismo ha perso la guerra ma ha vinto la pace. Il fascismo è la forma politica adeguata al capitalismo giunto alla sua fase imperialista. In questo senso storico esso è progressivo rispetto ad una democrazia che è solo pura mistificazione.
I ceti borghesi illuministi e liberali si sono sottomettessi, non importa se per interesse o codardia, alle regole politiche totalitarie dettate dalla frazione vincente del Capitale, quella finanziaria. Sotto i manganelli delle polizie la marmaglia piccolo-borghese no-global sgombra il campo e si arruola in massa sotto le bandiere del pacifismo, della democrazia, della non violenza, della pace e dei preti. Essi e l'enorme parassitaria classe media, giusta Franklin, non meritano né libertà né sicurezza. E ne siano certi. Quando il proletariato, ripulito il fronte interno dai traditori opportunisti e dagli agenti infiltrati borghesi, muoverà all'attacco, contrapporrà alla dittatura del Capitale la sua dittatura di classe, che esclude dalla sua gestione tutti i partiti delle classi o frazioni di classi diverse da quella proletaria.
La borghesia si prepara a rafforzare le misure di controllo e repressione dei movimenti proletari che teme e che si svilupperanno al precipitarsi della crisi. La moderna democrazia liberale, antifascista, pacifista, sorridente e melliflua mostra finalmente alle masse proletarie e piccolo-borghesi il suo cuore di acciaio e di morte, ereditato dal nazismo e custodito intatto in questo orribile dopoguerra.
Di questo non ci rammarichiamo perché sappiamo che il Terrore bianco è l'ultimo estremo garante della sopravvivenza del potere economico e politico borghese. L'atteggiamento dei marxisti di fronte al passaggio dell'avversario sul terreno della forza e della guerra non è quello della richiesta del ritorno alla pace e al confronto civile e democratico, ma di rammarico per non essere la nostra classe nelle condizioni di imporre senza infingimenti il suo Terrore:
«Noi, se fossimo in condizioni ben diverse dalle attuali, non maschereremmo sotto menzogna di perequazione giuridica tra i cittadini ed anche tra gli italiani, l'aperta dittatura di una classe vincitrice» (1924).
Se una critica facciamo alla borghesia è che essa, da classe storicamente parassita e sopravvissuta, abbellisce ipocritamente il suo Terrore, lo infioretta delle altisonanti parole di libertà, civiltà, democrazia, pace, giustizia, quando il proletariato comunista lo eserciterà senza limiti legali e senza orpelli, senza appello a prove di innocenza o colpevolezza, finzioni che lasciamo volentieri alla classe nostra nemica. Scrisse Marx quando il governo soppresse per legge marziale la Nuova Gazzetta Renana, il 19 maggio 1849:
«Noi non abbiamo riguardi; non ne attendiamo da voi. Quando verrà il nostro turno, non abbelliremo il terrore. Ma gli uomini del terrore realista, i terroristi per grazia di Dio e del diritto, sono brutali, spregevoli e meschini in pratica, sono vili, ipocriti e bilingui in teoria; sono, da tutti e due i punti di vista, disonesti».
Nessuna classe, nessun partito, né a fortiori Stato, può negare la funzione della violenza e del terrorismo. Il terrorismo è una tattica di attacco, una tecnica militare, di cui la borghesia e lapiccolo-borghesia nelle loro lotte di emancipazione hanno usato e abusato, in conformità alle loro dottrine politiche idealistiche e volontaristiche.
Il proletariato, forte del determinismo economico e storico, ha di molto svilito la funzione dell'azione terroristica negli avvenimenti storici; ma certamente non l'ha mai considerata a priori assolutamente ininfluente storicamente e men che mai condannata per motivi etici. Valga a titolo di esempio l'assassinio del primo ministro russo Stolypin «l'impiccatore», attuato materialmente da elementi socialisti rivoluzionari, ma voluto ed organizzato da agenti dell'Okrana infiltrati per ordine dei circoli reazionari dell'aristocrazia terriera i cui concreti interessi erano minacciati dalla progettata riforma agraria di Stolypin. L'assassinio bloccò sul nascere il tentativo di formazione di una classe agraria agiata che potesse fungere da cuscinetto sociale tra le tre classi decisive storicamente in lotta sul proscenio russo: proletariato-borghesia-aristocrazia terriera. La formazione di tale classe obbediva ad una dinamica storica inarrestabile perché fornita di una inerzia potente dovuta allo sviluppo del mercato interno capitalistico già intensamente avviato, come gli studi di Lenin avevano evidenziato. Stolypin voleva accelerarla con l'aiuto dello Stato. L'aristocrazia la frenò con l'attentato.
Si arrivò alla Prima Guerra Mondiale con questa classe ancora in embrione. La guerra mondiale portò alla ionizzazione estrema nello scontro di classe e la borghesia si trovò priva di una solida base sociale proprio nel momento in cui il proletariato russo era al massimo della sua energia storica. E fu l'Ottobre Rosso, la cui facilità di vittoria fu quindi dovuta in parte anche alla stoltaggine e limitatezza di visione storica di parte dell'aristocrazia russa. L'assassinio organizzato dai controrivoluzionari favorì la Rivoluzione.
Le azioni terroristiche possono solo accelerare o ritardare dinamiche storiche che sono però già in atto e che alla lunga si imporranno.
Ha quindi poco senso interrogarsi, come fa la pubblicistica borghese, se gli autori dell'attentato a New York siano stati appoggiati, ispirati o utilizzati da forze interne allo schieramento occidentale e financo americano. Alcune osservazioni, messe in evidenza dai giornalisti (fallimento totale dei servizi di spionaggio fino al 10 settembre, in assoluta contraddizione con l'efficienza dimostrata dopo l'attentato; la conoscenza di codici cifrati, del luogo in cui si trovava il Presidente e delle stesse procedure segrete, lascia supporre, come rileva il «New York Times», che i terroristi avessero una talpa negli apparati americani ed addirittura nella Casa Bianca) sembrano attestare la possibilità che servizi deviati abbiano collaborato al colpo e che governi che sapevano abbiano lasciato fare. D'altra parte lunga è l'esperienza americana dell'autocolpirsi o del lasciarsi colpire per poter accusare l'avversario predestinato e attaccarlo coperti dal manto della morale se non da quello del diritto. A conferma di questo argomentare rileviamo che l'operazione «Libertà Duratura» non avrebbe potuto essere lanciata in tempi così rapidi e in modo così pianificato, se non fosse stata già preparata: i piloti dei bombardieri Stealth B-2 Spirit avevano già iniziato l'addestramento a voli di 50 ore che permettono, partendo dalla loro base del Missouri, di colpire obiettivi in Asia; e questo un paio di mesi prima dell'attentato. L'America si stava da anni preparando alla guerra in Asia Centrale, perché i contrasti interimperialistici dopo i Balcani ed il Medio Oriente stavano accumulandosi in quell'area.
Ma dal punto di vista della dinamica delle forze storiche ciò ha poca importanza. Si ricordi a riguardo l'attentato di Sarajevo, 1914. Esso fu organizzato dalla componente più nazionalista e rivoluzionaria dei servizi serbi di nascosto dal governo. Il governo serbo, venutone a conoscenza grazie ai suoi infiltrati, non fece nulla per bloccarlo. E fu la Prima Guerra Mondiale, che solo degli idioti possono considerare l'effetto dell'attentato. Le dinamiche storiche che portarono alla Prima Guerra Mondiale si erano avviate già con il conflitto franco-tedesco del 1870 ed avevano subito più accelerazioni (guerra russo-turca nel 1876-78; guerra boera nella fine del secolo; guerra ispano-americana nel 1898 - guarda caso provocata dall'esplosione della nave da guerra americana Maine davanti all'Avana; guerra russo-giapponese e relativa Rivoluzione nel 1904-05; annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria nel 1908; guerre balcaniche nel 1912-13).
Questo scenario di guerra avveniva nel passaggio epocale del capitalismo alla fase imperialista che si può collocare a cavallo degli anni '90 del XIX secolo. La guerra era così poco inaspettata che Marx ne aveva addirittura delineato le alleanze fondamentali; Engels ne aveva previsto lo scoppio per il 1898; la Seconda Internazionale Socialista aveva approvato in ben tre Congressi risoluzioni che non solo prevedevano la guerra, ma addirittura dettavano la tattica rivoluzionaria con cui fronteggiarla. L'attentato di Sarajevo fu il catalizzatore di un processo che stava già per concludersi grazie alla propria inerzia storica.
L'azione dell'11 settembre 2001 può anche darsi che abbia avuto come protagonisti forze anche interne allo schieramento occidentale, che magari hanno utilizzato come agenti «incoscienti», come nel caso di Stolypin, uomini della rete di Bin Laden. Dal punto di vista marxista questo ha un valore minimo. L'importante è capire il dispiegamento delle forze storiche sullo scenario mondiale, dispiegamento che obbedisce a leggi dettate dalla dura necessità fisica e quindi altamente impermeabili nella loro sostanza ad avvenimenti terroristici anche della dimensione dell'11 settembre.
Il marxismo incorrotto è fondamentalmente amorale, aldilà dell'alternativa borghese fra assoluzione e condanna. Al pari delle scienze naturali, di cui tra l'altro si considera l'equivalente in campo storico-economico, esso studia per comprendere e agire in conformità alle leggi e determinanti scoperte. Nel caso specifico cerca di capire quali determinanti storiche hanno portato all'azione dell'11 settembre e quali effetti di lungo periodo avrà sugli equilibri fra le potenze e sui rapporti a scala planetaria delle tre classi fondamentali, al fianco della terza ed infima delle quali, il proletariato, siamo aprioristicamente e pre-scientificamente schierati.
Source: «Il Partito Comunista», n° 287, novembre 2001