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BERLINO DALLA RIVOLTA PROLETARIA ALLA GUERRA DEI PACCHI
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Berlino dalla rivolta proletaria alla guerra dei pacchi
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Berlino dalla rivolta proletaria alla guerra dei pacchi
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Dopo aver assistito tremando di spavento allo scoppio della rivolta proletaria in Berlino Est e in altri centri industriali della Germania sovietizzata, ed essersi augurati che l'infezione non superasse i fili spinati della cortina di ferro, gli americani, constatato che i carri armati russi avevano assolto bene il loro dovere mentre nel settore opposto i partiti della democrazia avevano impedito che gli operai scendessero in lotta per solidarietà verso i loro fratelli dell'altra sponda, hanno fatto di tutto per riguadagnare il tempo perduto e passare alla controffensiva per sfruttare ai loro fini, ai fini generali dell'imperialismo e della conservazione borghese, un episodio generoso e potente di lotta di classe. Lasciato tranquillamente che i carri armati sovietici spazzassero via la «canaglia» dei rivoltosi, assistito con un sospiro di sollievo ai colpi di bastone, hanno lanciato di là dalla cortina la loro classica carota: i pacchi-dono, questo ultimo ritrovato truffaldino e gesuitico della tecnica e della conservazione capitalistica mondiale.

E hanno creato e diffuso la loro versione leggendaria dei fatti: hanno pianto sui morti, hanno maledetto i carri armati dell'implacabile dittatura sovietica e hanno loro contrapposto l'«umanitaria» distribuzione di viveri alla popolazione. Era da stupirsi che, su questo terreno, vincessero una nuova versione della guerra fredda?

In realtà, miglior servizio non potevano rendere - e ne erano perfettamente coscienti - ai dominanti sovietici; e perciò a sé stessi, visto che tutto si lega nel mondo dell'imperialismo. Hanno trasferito un elementare scoppio di rivolta proletaria sul piano dei contrasti imperialistici, hanno richiamato nel girone della democrazia un moto che non aveva nulla di democratico, hanno gettato l'offa di un po' di pane ai vinti della sommossa di giugno, hanno inaugurato - sui cadaveri degli operai dell'Alexanderplatz - un nuovo ciclo di propaganda occidentale. Non questo può spaventare i dirigenti sovietici: nessun carro armato si è mosso per allontanare la folla dai centri di distribuzione dei «doni». Non l'America capitalista, ma la Germania proletaria, turba i sonni dei marescialli d'oltre cortina. Obiettivamente, i pacchi-regalo venivano a loro, alla stabilità dei loro domini.

Ma non si compra con scatolette made in U.S.A. la cessazione della lotta di classe; nessuna barriera di elemosine della ventiquattresima ora ha mai fermato o sventato lo scoppio della tempesta rivoluzionaria. Ha vinto il regime borghese, ch'è una cosa sola di qua e di là della cortina di ferro: crollerà, da entrambe le parti, sotto il colpo di scure del loro comune nemico. Al bastone borghese è seguita la carota: il turno è al bastone proletario.

Source: «Il Programma Comunista», n. 15 del 1953

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