Misera fine del non rimpianto 'homo capitalisticus'
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MISERA FINE DEL NON RIMPIANTO «HOMO CAPITALISTICUS»
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Misera fine del non rimpianto «homo capitalisticus»
Far mercato anche della solitudine
Emancipazione intellettuale?
Famiglia e Religione
Individualismo e massificazione prigioni dell'uomo
Disintossicazione nel partito
Vittoria sul Golia
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Misera fine del non rimpianto «homo capitalisticus»
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Al suo sorgere la società borghese creò nell'uomo, in luogo della vecchia religione, la fede nella Ragione, ovvero il mito dell'individuo che da solo, e indipendentemente da ciò che lo circonda, è capace di conoscenza e volontà. La scienza delle società precedenti venne negata in assoluto. Si credette che l'Uomo fosse in grado di scegliere liberamente cosa fare di sé e della storia del proprio tempo.

La nascita dirompente e inconsapevole della nuova forma di produzione borghese, basata sul profitto individuale aziendale e sulla loro concorrenza, modellò i borghesi facendone la quintessenza dell'individualismo, nella guerra continua fra individui in difesa del proprio misero orticello, o del comunque misero grande capitale. L'individualismo borghese parve venir meno solamente in quei particolari momenti storici in cui il proletariato alzava la testa e contrapponeva a questa mistificazione borghese l'oggettività della propria impersonale Rivoluzione.

Oggi, ben 80 anni di controrivoluzione hanno decretato la vittoria della borghesia nella grande e importante battaglia sociale degli anni '20 e di conseguenza hanno imposto, con la tirannia propria di questo regime imperialistico, il più bieco individualismo dell'uno contro tutti e della mors tua vita mea. Il capitalismo, allargando i propri tentacoli su ogni parte del globo anche le più primitive, ha imposto le sue idealità e le sue merci idiote e inoculato negli esseri umani il feticismo verso queste merci. L'aberrazione del sentirsi «l'unico uomo importante su questa Terra» comporta la lotta meschina intorno a poche briciole fra persone anche della stessa classe sociale, oltre alla smania del provar piacere nell'escludere o nel sopraffare l'altro.

La banalità propria di un piccolo-borghese lo porta a lamentare quanto l'«uomo» sia egoista e quanto esso non pensi ad altro che a se stesso dimenticando i propri simili. Chi però condivide la dottrina marxista non può affidarsi a simili superficialità, ma deve individuare, con l'arma del materialismo storico, le reali cause, che sono da ricondursi all'intero sviluppo sociale capitalista degli ultimi secoli. Questo ovviamente non perdona i borghesi.

I borghesi, come ritengono il loro modo di produzione «naturale» ed eterno, così affermano che l'uomo è «per natura» egoista e preoccupato solo di sé. Un minimo di approccio disinteressato spiega invece che l'uomo è essere sociale, che possiede nel proprio istinto profondo la volontà e la necessità di vivere come comunità degli uomini, come parte di un tutto materiale e affettivo. Lo dimostra l'arco della storia di specie, fin dalle società primitive. Nelle successive, dalle quali si enuclea progressivamente l'astrazione dell'individuo, resta la tensione, il senso di mancanza di quella ricchezza perduta.

Il marxismo spiega che sono le varie strutture della Storia, economiche-sociali-politiche, succedutesi nei millenni, che plasmano l'Uomo secondo le necessità della classe dominante: essa inculca nei cervelli di dominanti e di dominati le giuste ideologie atte alla conservazione di questi rapporti. L'uomo delle società divise in classi è un uomo diviso, una marionetta, schiavo di ciò che lui stesso ha prodotto e dei rapporti sociali che inconsapevolmente riproduce per tutta la sua vita.

La soggettività dell'homo capitalisticus moderno, con la sua pretesa di emanciparsi, in tutti i sensi, con le sole sue forze intellettuali, morali e materiali, come individuo, è una mistificazione suscitata dal punto di vista borghese, metafora dell'ideale di concorrenza proprio della società presente, feticcio della sua economia di passaggio alla distruzione dell'individuo isolato. Ad essa soggettività dell'individuo civile, giuridico ed economico, noi marxisti opponiamo l'oggettività dei bisogni della specie, sia collettivi sia individuali senza contraddizione, in tutto il loro ampio spettro, oggettività che verrà finalmente riconosciuta e difesa nel Comunismo. Questa coscienza, sentimenti e moduli di comportamento post- concorrenziali sono oggi anticipati all'interno del Partito e nel suo peculiare metodo di lavoro.

Far mercato anche della solitudine
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Costretto da forze ben più grandi di lui, l'uomo non è oggi in grado di ribellarsi, di organizzarsi con i suoi simili di sofferenza e di comprendere. Per questo devia il proprio odio istintivo verso questo mondo in varie forme di religione o in mistiche senza dio. A detta di molti «sociologhi», contro le sofferenze dei fins de siècle borghesi (l'altro non fu molto diverso), che sembrano individuali frustrazioni, paure, angosce, nervosi, dicono si cerchi sollievo ricorrendo a guru di tutti i tipi, che promettono di risolvere i problemi delle singole persone, di «liberarle» dalle «cariche negative».

Il Capitale insegue ogni traccia di «domanda solvibile» ed è prontissimo a gettare sul mercato merci «spirituali», tanto più sozze, ed ahimè diffuse, quanto rivestite di uno smalto scientifico, esotico e spesso di una miscela di entrambi. Basti ricordare quella ciarlataneria dichiaratamente anti-scientifica che è la cosiddetta «Omeopatia», che cura con i raggi di luna piena, odore di coda di rospo, «succussioni» e simili, fondata sulla pura scemenza che «non esiste la mallatìa ma il malato». Quel minimo di dialettica cui attinge ogni vero medico sa bene che esiste e la mallatìa e il malato e che compito della scienza medica e appunto il rapportare concretamente l'una a l'altro. L'omeopatia - che muove un giro multimiliardario - ha sorpassato, complici alcuni medici fra lo scoppiato e il disonesto, le filosofie orientali rimaste, al confronto, po' demodé. Ma basta che aspettino: in questa società il passato non passa mai, le fesserie delle società morenti sono sempre le stesse e nel giro di una generazione ritornano tutte di moda. Al tempo di Nerone era già in voga lo «esotismo» orientale e nelle ville patrizie e per l'Urbe curatori e maghi egiziani (veri e falsi) andavano a ruba.

Altra disciplina borghesemente mal fondata ed empiricamente impotente è la Psicologia. Quest'ultima pretenderebbe la dignità di scienza e, dato il bisogno reale di un qualche conforto, viene ricercata essendo ritenuta un ramo della medicina. La psicologia, psicoanalisi compresa, pur definendosi scienza mai ha utilizzato i metodi scientifici: la sua analisi parte dall'astratto singolo uomo e finisce a cerchio sempre in questo astratto singolo uomo. Al concreto mai si accede. Seguendo questa base essa non può pretendere di affiancarsi alle scienze naturali né tantomeno al materialismo dialettico.

Questa merce «spirituale» pretende di scindere l'uomo in due parti: da una parte quella corporale, fisica e materiale, dall'altra la sua anima o interiorità, immateriale. Si regredisce, volenti o nolenti, al Cristianesimo e al Medioevo, che pone appunto l'anima separata e più importante del corpo, e dunque quella ove applicare cura ed attenzioni. La New Age, ultima moda di questa incatenata generazione, dice cinicamente all'uomo frustrato che i suoi problemi sono risolvibili solamente tramite un'educazione al «rilassamento» e a liberare la propria anima dalla realtà del corpo. Questa corrente, come le nuove ondate di buddismo e roba simile, criticano della società occidentale il dare troppa importanza alla fisicità, alla «carne» dicevano i preti, cadendo pari pari nell'eccesso opposto. La chiave della collettività sociale è da entrambi mancata.

Il comunismo scientifico, nato nell'800 come necessaria risposta dell'uomo-proletariato ai mali di questa società, scoprì che nelle società divise in classi, e in particolare nella presente capitalistica, il soggetto del problema non è l'Uomo, la sua Ragione, o una sua Psiche, ma la produzione delle merci con la sua spietata legge del valore. L'Uomo vi diventa un oggetto, una merce con un suo prezzo.

In un lavoro pubblicato nel 1988 sulla nostra rivista scrivevamo: «Nessuno mai si è reso conto (fra tutti questi convinti psicologi, ndr.) che la salute mentale è assicurata dalle conoscenze oggettive della realtà e dal loro utilizzo a pro dell'organismo, sempre che l'ambiente disponga di una tale ricchezza di risorse e di stimoli che gli consentano di sviluppare tutte le sue qualità potenziali» (La teoria materialistico-dialettica della psiche, da «Comunismo» n.25/1988).

Emancipazione intellettuale?
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La massima «autoemancipazione spirituale» sarebbe quella «intellettuale», cioè fondata sulle capacità del proprio cervellino che autonomamente accede al Sapere. Intanto il sapere borghese non può certo emancipare nemmeno i borghesi ma ribadire la infelice soggezione dei singoli alla tirannia del Capitale. Il sapere proletario non è dato in questa società se non come dottrina rivoluzionaria, vivente «dentro l'armatura» del partito combattente di classe.

Ma questo non turba certo la coscienza agli intellettuali che, ben pagati, fanno il loro lavoro di filosofi, giornalisti, storici, scienziati, artisti, ecc. Questi, a noi nemici servi schiamazzanti della classe dominante, non cercano la scienza ma sono in concorrenza fra loro per la paga: su ogni minima questione (storica, filosofica, politica...) ognuno dà all'altro la ragione aggiungendo che, però, su quel singolo punto, su quella particolarità si era sbagliato...

Peggio fra tutti quelli che si autodefiniscono «artisti», snaturando il concetto di questa attività che un tempo rappresentò il progresso delle passate società in evoluzione. Patologicamente individualisti anche per il metro borghese, hanno rinunciato alla loro funzione di comprensione-rappresentazione del mondo e del rapporto specie-natura. Nell'arte regna da almeno un secolo l'anarchia, ed oggi non si esprimono più nemmeno quelle «correnti» che proponevano in un loro «manifesto» un modulo interpretativo, più o meno consapevole, della realtà; una miriade di correnti artistiche creano in continuo nuove sotto-correnti fra le quali serpeggia - oltre il problema del lesso - solo pessimismo, angoscia o senz'altro cinica indifferenza.

Famiglia e Religione
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Fattori non meno importanti e propagatori di individualismo sono la religione e la famiglia. Già alla sua origine la religione ebraica, e poi dopo quella cristiana, ruppero con forza l'oggettività del mondo antico, l'idea della comunità tutta, il concetto della Natura superiore al piccolo uomo. La religione ebraico-cristiana, diceva già Feuerbach, isolò l'uomo dagli altri interiorizzando la religione tramite la preghiera, riconoscendo l'esistenza dell'Uomo singolo e riconoscendo il suo tirannico dominio sulla natura.

Ma è assai tardo anche nel cristianesimo il concetto di aldilà e di giudizio individuale.

Oggi il Cattolicesimo, adattandosi come ha sempre fatto ai tempi, ha eliminato l'antica paura fra i credenti dell'Inferno, eliminando così ogni residuo, nella coscienza del cristiano, di precetti umanitari. L'«umanitarismo» lo fanno ormai le guerre borghesi e redimono di più mitragliatrici e bombardieri che le preghiere!

Da sempre al comunista è stato rinfacciato con indignazione di voler abolire la famiglia. A parte il fatto che noi non vogliamo «abolirla» ma prevediamo che si estinguerà per il corso dello sviluppo sociale nel Comunismo, è vero che riteniamo la famiglia borghese una mera creazione di questa società e in quanto tale a carattere transitorio.

Uno dei ruoli che la famiglia ha assunto nell'attuale società e quello di isolare l'essere umano, tenendolo prigioniero negli angusti orizzonti ed egoistici delle quattro mura domestiche e nemico delle «altre» famiglie.

Individualismo e massificazione prigioni dell'uomo
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Detto tutto ciò risulterebbe che la società capitalista sia realmente portatrice di individualismo. Ma questa ideologia è mistificazione e pura illusione, non rispecchiante la reale dimensione dell'uomo moderno. Il capitalismo mentre da una parte esalta l'individuo e le sue possibilità di singolo, annienta lo stesso individuo attraverso la mercificazione del suo lavoro, l'abbassamento degli individui ad articolo di commercio, non integrante ma insignificante, di un Tutto che è solo il Mercato. Svaniscono in questo processo sociale ineluttabile le diverse forme concrete dei singoli individui.

Il nostro partito, programmaticamente anti- individualista, non per questo opera la mercantile omologazione borghese: nel Partito, preludio del domani, riemerge l'individualità. Il nostro partito si è più volte dichiarato sul campo filosofico anti-individualista, in economia anti-mercantilista ed in politica anti- elettoralista ed anti-democratico. Questa trinità, grande conquista del Partito, è di una coerenza assoluta ove ogni elemento è pietra angolare del sistema complessivo.

La nostra concezione del mondo è dialettica. Il pensiero dialettico è nient'altro che il riflesso nel cervello umano di una dialettica naturale. La dialettica coinvolge anche la funzione dell'individualismo nella storia umana, dunque essa è un'arma importante per affrontare anche questo argomento.

L'individualismo non è, come si affannano a ripetere i suoi apologeti, la condizione naturalmente «filosofica» dell'uomo, tant'è che esso sorge molto tardi nello sviluppo della Specie. Dopo una genesi sofferta e lentissima esso trionfa con lo sviluppo ed il dominio formale del capitalismo. Le società precedenti a quella borghese erano nella sostanza, chi più chi meno, non individualiste ma organiciste.

In quelle splendide fasi storiche in cui una nuova società si è imposta su una vecchia e superata, mettere al centro dell'economia, della storia, delle scienze e della filosofia l'individuo è stata opera rivoluzionaria e sovvertitrice del vecchio ordine. Essa fu opera tra l'altro di giganti che nulla avevano di individualistico in quanto, tra i più alti esponenti della spirito universale dell'uomo, essi erano con la testa già oltre lo stesso capitalismo.

Trasferire il motore dal cielo alla terra, così come distruggere l'organicità della vecchia comunità umana, fu opera sovversiva. La Specie umana per svilupparsi ulteriormente doveva passare attraverso una fase di totale estraniazione e negazione di sé.

Ma oggi che il Capitale sopravvive parassitariamente a se stesso producendo disordine, sciupio e morte, l'individualismo è giunto al fondo della sua parabola storica. Esso è conservatore e mistificatore. Il Capitale mentre propaganda l'individualismo schiaccia senza pietà gli individui in carne ed ossa a milioni.

Dunque, le diverse forme di individualismo prima elencate in realtà sono solo mistificazioni, piccole utopie degeneri dell'uomo attuale che si trova stretto nella morsa della controrivoluzione. Oggi, in cui la potenza del lavoro associato, usurpato da una minoranza parassita, potrebbe liberare l'uomo dalla sofferenza e dal dolore, 1,4 miliardi di uomini non hanno acqua potabile da bere né i mezzi per riscaldarla e 6 milioni di bambini muoiono ogni anno per questo; mentre la produzione procapite di calorie sul pianeta è di 2.700 calorie giornaliere, 3 miliardi di individui soffrono la fame.

Hiroshima, Nagasaki, Dresda, Amburgo, i lager stalinisti, i campi di concentramento nazisti e degli Alleati, che hanno sterminato con il lavoro e la fame, il fosforo e l'uranio, in modo atroce decine di milioni di individui in eccesso per i bisogni del Capitale sono la dimostrazione di cosa siano veramente gli individui per il Capitale, vampiro della vita.

Individualismo e individualità non sono la stessa cosa. L'individualismo è la teoria che pone il soggetto individuale al centro dell'economia, della storia e del pensiero. In sintesi estrema si può riassumere con gli imperativi: «Pensa ai tuoi interessi», «Pensa con la tua testa». L'individualità è invece l'insieme delle capacità e caratteristiche che distinguono un essere umano dall'altro. Il Capitale esalta l'individualismo ma nello stesso tempo schiaccia come mosche milioni di individui e massifica miliardi di individualità.

Ironia di questi ultimi decenni è che proprio quando l'Io è morto noi assistiamo alla messa in scena dell'onnipotenza dell'Io. Basta accendere un televisore, leggere un giornale, un testo di filosofia o di economia, vedere un qualunque spot, per essere travolti da questo delirio di onnipotenza dell'Io.

Disintossicazione nel partito
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Il fatto che oggi noi rivoluzionari marxisti siamo totalmente inascoltati dal mondo esterno si potrebbe misurare tramite il grado di diffusione dell'individualismo. L'accettazione del Comunismo ha come prerogativa l'aver compreso che non si è altro che una piccola parte di un insieme, dell'intera Specie, ovvero che l'individuo così preso da solo non è niente.

Compreso questo si può essere comunisti. L'ideale imperante dell'individualismo borghese venne storicamente meno solo in quei momenti in cui il proletariato seppe imporre con la lotta la propria minacciosa dottrina, contraria ad ogni forma di soggettivismo. D'altronde l'unica soluzione a questo totale distacco dell'uomo dal suo interesse di Specie è la futura fraterna società comunista, vissuta oggi in parte già all'interno del Partito Comunista attraverso il centralismo organico ed il metodo del suo lavoro.

Nel Partito quei compagni che aderiscono ad esso, spinti da determinazioni ben più grandi di loro, cercano di scrostarsi di dosso la mercificazione dell'uomo imposta da questa società. In esso, non solo non esiste alcuna differenza per quanto riguarda razza, sesso, età, classe, professione e «intelletto», ma non esiste neanche la libertà dei capi di individualmente inventarsi di sana pianta una nuova teoria. Vige uno sforzo collettivo di esplorare giorno per giorno quella comune ed umana realtà che si chiama Comunismo.

Il Capitale non lascia scampo. Si può resistere solo proiettandosi verso l'anti-individualista società comunista futura, militando nella comunità organica del Partito.

I rivoluzionari nell'attività di Partito attuano una radicale disintossicazione della patologia borghese dell'Io onnipotente. Essi hanno però cognizione che vivendo nella fogna capitalistica e sotto il bombardamento del nemico, la lotta è continua, incessante e mai definitiva.

Il Partito lotta al proprio interno contro ogni mania fastidiosamente borghese di protagonismo o, ancor peggio, contro il metodo proprio degli intellettuali borghesi di girare e rigirare l'unica e per noi invariante dottrina marxista a proprio piacimento e per soddisfare i propri pruriti.

Contro tutto ciò il Partito oppone lo studio serio, collettivo e disinteressato di ogni problema, da rapportarsi non ad ingegni di compagni eccezionali ma solo a ciò che ci ha insegnato la nostra dottrina e la nostra scuola.

Scriveva nel secolo scorso Marx a Freiligrath:
«
È possibile nei rapporti o nel trade borghese sfuggire al sudiciume? La differenza è che qui la borghesia è nel suo luogo naturale (...) L'onesta abiezione o l'abietta onestà della morale solvente (...) per me non si trova di un dito superiore all'abiezione irrispettabile da cui né le prime comunità cristiane né il club dei giacobini, né la nostra «Lega» defunta poterono mantenersi completamente puri. Solo che nei rapporti borghesi ci si abitua a perdere il senso per l'abiezione rispettabile o la rispettabilità abietta» (Marx a Freiligrath, 29 febbraio 1860).

Per evitare fraintendimenti riteniamo opportuno specificare che questa lotta non ha niente a che vedere con la mortificazione del corpo o la repressione dei desideri di cristiana memoria. All'opposto, è lotta per la riappropriazione di tutti i sensi dell'uomo, che sono prima di tutto sensi fisici. Anche l'individualismo fa appello ai sensi, ma ai sensi abrutiti, annientati del tutto dal senso dell'avere.

Vittoria sul Golia
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La Rivoluzione per noi è prima di tutto una gigantesca opera di disintossicazione della classe rivoluzionaria. Questa opera di disintossicazione non cesserà immediatamente dopo la vittoria militare e politica essendo l'individualismo penetrato profondamente nella struttura degli uomini. La sovrastruttura ha molta più inerzia della struttura economica e sociale. Basti pensare alle forme di pensiero precapitalistiche e addirittura comunistiche primitive che sopravvivono nel pieno della moderna società capitalista. Solo il lavoro di generazioni fraternamente cooperanti potrà estirpare l'angoscia dell'individualismo dal cuore degli uomini.

Individualismo e individualità hanno proceduto di conserva per tutto un arco storico, il primo favoriva le possibilità di sviluppo del secondo. Ma da almeno un secolo l'ostacola.

L'individualità può procedere oltre solo se si afferma come espressione della comunità, se isolve la sua contraddizione con la comunità, se diventa essa stessa comunità.

«Quando l'uomo avrà ucciso su di sé l'egoismo mercantile e individualistico, quando nella pienezza del suo essere si sarà elevato all'altezza del lavoro gratuito e disinteressato per la Specie, egli avrà alfine affermato la comunità umana, la vera Gemenweisen in cui l'essere individuale non esiste più in contrapposizione alla comunità perché sarà contemporaneamente questa: esso sarà allo stesso tempo individuale e universale. Poiché l'essere umano è la vera essenza comune degli uomini, gli uomini realizzando la loro essenza producono l'essenza comune umana, l'essenza sociale, che non è una potenza universale, astratta, contrapposta al singolo individuo ma è l'essenza di ciascun individuo, la sua propria attività, la sua propria vita, il suo proprio spirito, la sua propria ricchezza.» (Marx: Note a James Mill).

Si recupererà l'organicità della comunità perduta arricchita delle conquiste universali dello spirito umano ottenute in seguito alla dissoluzione del comunismo primitivo.

«Supponiamo di aver prodotto in quanto uomini: ciascuno di noi avrebbe, nella sua produzione, affermato doppiamente se stesso e l'altro. Io avrei
1) Oggettivato, nella mia produzione, la mia individualità e la sua peculiarità ed avrei quindi goduto, nel corso dell'attività, una manifestazione individuale della vita, così come, contemplando l'oggetto, avrei goduto della gioia individuale di sapere la mia personalità come oggettuale, sensibilmente visibile e quindi come una potenza elevata al di sopra di ogni incertezza.
2) Nel tuo godimento o uso del mio prodotto io avrei immediatamente il godimento consistente tanto nella consapevolezza di aver soddisfatto col mio lavoro un bisogno umano, e dunque di aver oggettualizzato l'essenza umana ed aver quindi procurato un oggetto atto a soddisfare il bisogno di un altro essere umano.
3) D'essere stato per te l'intermediario fra te ed il genere, e dunque di venire inteso e sentito da te stesso come un'integrazione del tuo proprio essere e come una parte indispensabile di te stesso, di sapermi dunque confermato tanto nel tuo pensiero quanto nel tuo amore.
4) D'aver posto immediatamente nella mia individuale manifestazione di vita la tua manifestazione di vita, e dunque di aver confermato e realizzato immediatamente nella mia attività la mia vera essenza la mia essenza comune ed umana. Le nostre produzioni sarebbero come tanti specchi, dai quali la nostra essenza rilucerebbe a se stessa
».

• • •

La nascente borghesia rinascimentale rappresentò nel biblico giovane Davide la sua sfida alle giganteggianti forze della conservazione feudale e della Chiesa. Di nuovo oggi l'uomo proletario è nient'altro che un piccolo Davide di fronte a Sua Maestà il Capitale mondiale.

Solamente quando le condizioni permetteranno l'abbattimento del gigante l'uomo, non più misero e solo, si scoprirà un essere nel pieno delle proprie potenzialità, padrone di sé e del futuro.

Il Comunismo considererà come un oscuro passato, come la schiavitù antica per i borghesi, il volersi rendere l'uomo indipendente dall'altro e con questo in lotta di sopraffazione.

li uomini in questo futuro non saranno tutti «uguali», ma potranno semmai definirsi per la prima volta parte integrante di un tutto: l'intera specie umana produrrà e distribuirà affetto, premure e beni materiali ad ogni singolo uomo, e il singolo uomo avrà a sua volta necessità di produrre e lavorare non per se stesso ma per la specie. Scrivemmo nel «Manifesto» del 1848:
«
Il libero sviluppo di ciascuno sarà condizione del libero sviluppo di tutti».
Non si avrà allora un uomo uguale all'altro (e per di più con la pretesa di sentirsi diverso come è nel capitalismo) e nemmeno una società mercantilmente «egualitaria» come quella idealizzata da un Proudhon o dal «romantico» Stalin.

Sarà proprio la scomparsa dell'individuo e della sua pretesa centralità che creerà le premesse affinché l'uomo possa liberarsi da ogni passata inibizione e possa raggiungere livelli che fino ad ora non ha potuto raggiungere.

La scomparsa del singolo uomo sarà allora l'affermazione dello stesso singolo uomo. Solo allora ogni uomo potrà avere i giusti stimoli per afferrare tutto il Sapere e la Conoscenza e portare questi a livelli sempre più avanzati: l'uomo comune discuterà allora della teoria della relatività di Einstein, di come rendere fertile il Deserto del Sahara o di come viaggiare su e giù per il Sistema Solare.

Che muoia dunque Golia per mezzo di un secco colpo di fionda e che questo «gigante massificatore» non sia più in grado di risollevarsi!

Scrivemmo un po' di tempo fa:
«
Sottrarre la formazione del carattere all'esclusiva influenza della società presente, vivere tutti insieme, noi giovani, operai o no, respirando un'atmosfera diversa e migliore, tagliare i ponti che ci uniscono ad ambienti non socialisti, recidere i legami per cui ci si infiltra nel sangue il veleno dell'egoismo, della concorrenza, sabotare, in una parola, questa società infame, creando oasi rivoluzionarie destinate un giorno ad invaderla tutta scavando mine destinate a sconvolgerla nelle sue basi» (Un programma: l'ambiente, da «L'Avanguardia», 1 giugno 1913).

Source: «Il Partito Comunista», Nr.268, Luglio-Agosto 1999

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