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DOPO L'ATTENTATO E LO SCIOPERO
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Dopo l'attentato e lo sciopero
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Dopo l'attentato e lo sciopero
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La fase seguita in Italia all'attentato contro Togliatti non fa, con i suoi svolgimenti, che confermare la valutazione dei rapporti delle forze politiche suggerita dall'andamento della campagna elettorale.

Che nessuna possibilità rivoluzionaria presenti un movimento che ammette non solo ogni manovra sul terreno legalitario ma la stessa collaborazione governativa con partiti fautori dell'ordine borghese, era cosa da tempo assodata. Di più è dimostrato che una tale duplicità di metodo è disfattista anche ai fini di una azione non rivoluzionaria e classista, ma di semplice disturbo e sabotaggio dello Stato per favorire date forze oltramontane, o impedire l'influenza di altre di tali forze.

L'attrezzatura e la funzione dello Stato borghese italiano si volgono nello stesso modo, oggi come nel 1922, allo spezzamento dell'azione e della organizzazione di classe del proletariato, e passano dalla dichiarazione di difesa delle istituzioni da attacchi insurrezionali alla pratica di smantellare sindacati operai e partiti di opposizione.

Neanche oggi si vorrà capire che i nove decimi dei colpi sono portati dall'apparato legalissimo dello Stato, un decimo, se pure, colla «provocazione» illegale?

Ma quale diritto ha di protestare contro questi fatti evidenti e ben sicuramente prevedibili chi ha per anni fatta tutta la sua politica sulla distinzione, in campo internazionale e nazionale, tra due «tipi» di politica dei partiti borghesi, stringendo alleanze con un gruppo che si garentiva alle masse costituzionalmente «incapace» di usare i mezzi di sopraffazione e di repressione? Chi ha difeso l'America capitalistica contro la Germania capitalistica, si è associato con i democristiani contro i fascisti fino a consegnare ai primi l'organizzazione operaia, con qual coerenza - e vorrebbe dire poco o nulla in tempi di ultrasfrontatezza - ma soprattutto con quale successo può pretendere di essere difeso dalle masse contro un'America schiavizzatrice di nazioni e una democrazia cristiana gerente di dittature antiproletarie?

La difesa dell'ordine borghese segue le inesorabili leggi - consegnate nella concezione marxistica del crescente antagonismo - della sua concentrazione in forme totalitarie, e se una distinzione era possibile, essa consisteva, fin da quando si affacciò il primo fascismo sollevando le strida dei ciarlatani della «sinistra» borghese, nel compiacimento che finalmente la classe dominante ammettesse e proclamasse che la democrazia delle sue istituzioni era un gigantesco inganno. I Truman e i De Gasperi sono appunto peggiori in quanto vibreranno i loro colpi contro lo schieramento proletario cercando, con ipocrisia luterana o gesuitica che gli Hitler e i Mussolini avevano osato buttar via, di non ripiegare il bandierone liberal-democratico.

Il concentramento delle forze antiproletarie segue il suo passo, la polizia internazionale fa le sue prime prove in Palestina, quella nazionale serra i suoi inquadramenti come era visibile da tre anni giorno per giorno. Lo Stato cattolico-americano non ha avuto bisogno di adoperare nemmeno un decimo del suo potenziale di repressione, e se ne vanta chiaramente. Il manganello di Mussolini andava a piedi, e qualche scassato 18 B.L. riuscì a finire in fondo alle valli liguri o toscane, mentre al solito scendevano alla riscossa i carabinieri a cavallo. La politica del difendere la «libertà», invece di spezzare quella dei borghesi e del loro governo, ci ha regalato il manganello (e il mitra) motorizzato di Scelba, col lussuoso parco di automezzi lasciatogli dalla guerra di liberazione.

Di fronte a questi insegnamenti della storia, il movimento di luglio che anziché denunciare ed attaccare le istituzioni ripeteva la consegna imbecille della difesa della legalità e della costituzione non poteva sfociare che nel reciproco ricatto e compromesso di capi locali colle prefetture e capi centrali con il governo denunziato assassino - mentre, probabilmente, di assassini extralegali non avrà bisogno alcuno –, compromesso in tutta perdita perché non ha nemmeno condotto a convertire i proiettili incassati dal torace di Palmiro Togliatti in qualche portafoglio per i suoi migliori amici. Lo sciopero generale di tre mezzi di giorno rimane sulla linea di una tattica che è coefficiente controrivoluzionario più decisivo delle armi della aperta repressione.

Questo sciopero con i suoi episodi, come tanti altri degli ultimi anni dalla Spagna alla Grecia e da un capo all'altro d'Italia, ha il solo carattere di una emorragia infeconda, di una insensata polluzione della lotta di classe.

Source: Da «Prometeo» n° 10 giugno-luglio 1948

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