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ALLORI AFRICANI
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Allori africani
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Allori africani
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L'ONU sta dispensandoci da lunghi commenti, perché la sua azione nel Congo è chiara come la luce del sole, e si svolge - come dicevano i bollettini di guerra - secondo le previsioni, punto per punto.

Essa ha recitato l'ennesima commedia con il solito Ciombè, quella commedia che ormai si ripete da più di un anno e consiste prima nel fingere di attaccarlo, poi nel «costringerlo» a firmare un accordo minacciando «terribili» sanzioni se non ne rispetterà le clausole, infine nel lasciare tranquillamente che l'accordo non venga applicato senza muovere un dito; l'ha recitata perché bisognava e bisognerà ancora gettare un po' di fumo negli occhi all'opinione pubblica, per consentire dietro questa cortina di fumo all'Ùnion Miniére e ai suoi protettori belgo-franco-britannici di fare i fatti loro assicurando la… civilizzatrice presenza bianca nella zona più ricca e produttiva del Congo; ha dunque finto di realizzare l'obiettivo mille volte proclamato della formazione di uno stato nazionale congolese senza riserve di caccia provinciali per il grande affarismo capitalistico europeo e mondiale; e in virtù di questa finzione ha rimandato alle calende greche tale soluzione favorendo così il deteriorarsi della situazione interna. Era il primo obiettivo «strategico».

Fatto questo, ha scoperto che il grande nemico non era Ciombè, ma Gizenga, e ha cominciato (e siamo sicuri, continuerà, se prima non le riesca di corrompere l'avversario) a lanciare operazioni di polizia contro il nuovo guastafeste. La verità è che proprio qui essa doveva arrivare: all'attacco contro le superstiti forze di un moto nazionale indigeno non imbelle e non venduto; l'operazione Katanga era un diversivo, mentre quello era e rimarrà il nemico che, per renderlo odioso, sarà dipinto quale pedina di Mosca o di Pechino, uccisore di missionari, massacratore di civili bianchi portatori di beneficenza e di cultura e chi più ne ha più ne metta. Ce ne stupiremo? Come la defunta Società delle Nazioni, l'ONU è il comitato di amministrazione della grande pirateria imperialistica; Ciombè o chi per lui possono darle fastidio quando sono troppo indisciplinati od impulsivi, ma la fratellanza di sangue (o di portafoglio) finisce sempre per imporsi - a spese di Lumumba ieri, di Gizenga domani, e facciamo questi due nomi solo per indicare forze storiche ancora operanti su un piano potenzialmente eversivo.

Intanto, a nord, all'ombra della grandeur gaullista, un'altra situazione incancrenisce: quella dell'Algeria. I nostri giornali, che non hanno mai caratteri abbastanza grandi per i titoli di sdegno e di rammarico sui massacri di missionari ad opera di negri, non hanno caratteri mai abbastanza piccoli per relegare nella cronaca di amministrazione ordinaria la gragnuola di vite untane quotidianamente sacrificate dai civilissimi europei in Algeria, mentre d'altra parte il silenzio dell'FLN lascia intravvedere che i governi ufficiali trattano dietro le quinte la conciliazione, il compromesso e il baratto. Il solito democraticume sfila in cortei parigini all'insegna di «abbasso il fascismo», esso che ha covato De Gaulle nella metropoli e cova il finale abbraccio fra la borghesia indigena «arrivata» e la borghesia metropolitana... non fascista a spese dei soliti stracci.

Purtroppo in forma negativa e capovolta, l'esattezza della prognosi marxista trova così l'ennesima dimostrazione: l'abbandono dei principi rivoluzionari ed internazionalisti da parte dei partiti della classe operaia va preparando la fossa alle gigantesche potenzialità che si racchiudevano e si racchiudono ancora nel risveglio delle popolazioni africane di pelle nera e bianca.

Dopo di che, i grassi mercanti si avventeranno - a colpi non di cannoni, ma di dollari, rubli, sterline, franchi pesanti, lirette profumate alla Mattei - sul gigante evirato e messo in catene.

A meno che... Ma qui interviene la censura.

Source: «Il Programma Comunista», 18 gennaio 1962, Anno XI, N.2

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